Ovvero l'ultimo posto dove ti
immagineresti di approdare se decidi di andare in Africa ad occuparti
di cooperazione.
Max ha un pickup Toyota, che secondo le
mie capacità valutative in campo bellico, resisterebbe
tranquillamente alle mine anticarro libanesi. La strada verso
Quinhamel inizia con un lungo tratto asfaltato, diviso da uno
spartitraffico – condizione non sufficiente perchè gli autisti
guineensi scelgano con raziocinio il senso di marcia – e che
collega Bissau con tutto ciò che c'è a nord.
Il viaggio è un pittoresco insieme di
bestemmie e sorpassi lievemente azzardati, il tutto condito da
clacsonate a chiunque; Max si volta verso me e Sylvia per
giustificare il suo scazzo, che nella maggior parte dei casi è
causato dal fatto che le auto davanti a lui procedono troppo
lentamente – ma come biasimarli, del resto.
Quinhamel è un villaggio di poco più
di 3 mila abitanti, e si sviluppa ai lati della strada che proviene
da Bissau, in ottime condizioni. Non si ha un'idea di quanto sia
grande, in quanto le strutture ad uso abitativo sono tutte molto
basse, nascoste dagli edifici più grandi che sorgono a ridosso
dell'asfalto, come la Chiesa Evangelica e la Chiesa Cattolica. Da
questi edifici, la domenica, proviene un bordello allucinante; la
messa assomiglia molto a quelle americanate in cui i pastori si
esagitano durante l'omelia e i fedeli elettrizzati partecipano con
pathos alle sollecitazioni del ministro di Dio evidentemente sotto
effetto di metanfetamine. Anche la parte di liturgia composta
esclusivamente da forme fisse ha un'intonazione diversa. Pare che la
Chiesa Evangelica qui abbia molti adepti, e che sia estremamente
vincolante; i fedeli sono costretti a rispettare “le richieste”
delle autorità locali, come per esempio quella di prendersi cura di
altri fedeli in visita, e per questo motivo molti di loro abbandonano
il lavoro per dedicarsi alle mansioni assegnate loro dall'autorità
religiosa locale; è pieno di Chiese qui. A Canchungo ce ne sono due:
una con una bella bandiera degli United States of America che
orgogliosamente ne rivendicano il finanziamento e la costruzione, e
un'altra che funge anche da cooperativa rurale e sulla cui parete
esterna compaiono frasi che inneggiano all'importanza del lavoro
sulla Terra per ottenere il regno dei cieli.
Ieri mattina sono passato dalla chiesa
– cattolica – per andare alla loja a comprare farina e a
farmi prendere per il culo dal rapaz che gestisce l'attività
e c'era un sacco di gente. Domenica prossima vado a messa con il mio
amico togolese.
Artissal è la prima cosa che si vede
entrando a Quinhamel. E' una struttura che porta avanti due progetti
principali: il primo consta nella produzione di teli, panni e tessuti
equi e solidali. I tessuti sono filati dai Pepel, una etnia
originaria di questa zona – la regione di Biombo – ed è
tradizionalmente affidata esclusivamente agli uomini. Equo e solidale
significa che i lavoratori percepiscono uno stipendio equo, che
l'organizzazione si cura di fornire loro l'assistenza adeguata, a
partire dai pasti durante il lavoro fino all'educazione dei figli, la
cui istruzione fino al 10° anno di scuola può arrivare a costare
anche oltre i 10.000 franchi al mese, visto e considerato che qui la
maggior parte sono scuole private. E meno male che ci sono, le scuole
private.
Dal 1973 iniziano a nascere, insieme
alle scuole pubbliche, le scuole di partito (il PAICG di Amilcar
Cabral, storico rivoluzionario che condusse la guerra di indipendenza
dal Portogallo e che fu l'ispiratore delle rivoluzioni in Angola e
Mozambico) e successivamente arrivano le scuole a stampo cattolico,
le più libere – forse - in tutto il Paese. Raul – il fondatore
della scuola di Sao Josè - è stato professore in una scuola del
PAICG, e rivendica con orgoglio la scelta di averla abbandonata per
fondare una scuola che prima a Bissau, poi a Bafatà e in un altro posto del quale sinceramente non ricordo il nome, garantirà un'istruzione di qualità ai bambini e si doterà dei
mezzi economici per includere anche coloro i quali non sono in grado
di sostenere finanziariamente l'istruzione dei propri figli.
Il tasso
di esclusione dal sistema scolastico che in Italia chiameremmo
“scuola dell'obbligo” resta comunque molto alto; molti bambini
abbandonano durante l'anno, e portarli fino al 10° anno II (così
chiamano la preparazione alla maturità) è molto difficile; durante
il lungo e proficuo governo Cabral, idolatrato e raffigurato in ogni
dove, molti Guineensi andavano a studiare a Cuba, o in altri Paesi
filo sovietici; erano sostenuti dal governo e vincolati a tornare
alla madre patria per condividere le competenze acquisite allo
sviluppo del Paese. Oggi a Bissau c'è un'Università, che però non
gode di ottima fama se non per la facoltà di Medicina. Che è a
numero aperto.
Il secondo tema del quale si occupa
Artissal è quello del turismo sostenibile; ci sono bungalow per i
turisti, un museo con oggetti tradizionali dell'etnia Pepel, un
ristorante, una piccola piscina, un sacco di verde e un'esposizione
dei prodotti locali. Arrivano spesso turisti da aree limitrofe – in
particolare dal Senegal, ma anche p Portogallo e Brasile – e i
primi non sono proprio l'incarnazione dello stereotipo dell'africano
magrolino e poco vestito che compaiono nelle newsletter di Amnesty
International.
In ogni caso, il progetto si chiama
7Djorson, ed è sostenibile in quanto completamente autosufficiente
dal punto di vista energetico (pannelli solari, cisterna di acqua
propria e satellite per internet) con tutte le limitazioni che una
scelta del genere implica in Africa.
Tutte queste iniziative sono state
finanziate da progetti dell'Unione Europea e delle Nazioni Unite, che
Max e Mariana – sua moglie – sono stati bravissimi ad
intercettare. Oggi Artissal cammina esclusivamente sulle proprie
gambe, salvo il contributo dello SVE, tra mille difficoltà. Per ora,
l'impressione non è certo quella di essere fondamentali per questo
posto, ma è bello pensare di potersi sentire utili, in un modo o
nell'altro.
La vera anima di Artissal si chiama
Mariana. E' una donna rumena, 52 anni ma sta qui da 28. Parla un
portoghese raffinato, un criolo deciso, e poi rumeno, francese,
inglese...
E' la prima persona ad accoglierci, ha
un milione di cose da fare ma si prende molto cura di noi.
Ogni sera, prima di andare a dormire,
condividerà con me e Silvia una sigaretta e un montone di ricordi;
sembra che non veda l'ora di buttarli fuori. Mariana incarna
perfettamente l'occhio di una persona esterna proiettata direttamente
dentro questo mondo, conosce le nostre “categorie” e ci aiuta a
capire quello che ci sta intorno.
La prima cosa a cui ho pensato è di
volermi meritare la sua fiducia; considerando che la prima cosa che
appena arrivato mi è stato chiesto di violare un pc di cui nessuno
ricordava la password, la strada mi è sembrata decisamente in
salita. Il fatto che io ci sia riuscito è un'altra storia.
A volta si fa fatica a credere a quello
che dice, ma lo racconta così bene... I suoni del suo portoghese
sono molto simili a quelli della lingua italiana, come simile è del
resto anche il rumeno. Non faccio alcuna fatica a comprendere ogni
sua parola, e ad immaginarmi queste situazioni intrise di storia,
cultura e spiritualità. Ad un tratto, una sera, mi sono reso conto
che stavo reputando plausibile il fatto che i maschi dell'etnia
Balanta, di notte, si trasformino in iene (motivo per cui le iene, in
questo posto dove si ammazza e si mangia tutto – scimmie comprese,
come da documentazione fotografica ndr – non possono essere
toccate).
Sono spiacente per i più sensibili ma andava documentato. La scimmia o sanjo è una delle carni più buone mai viste sulla terra; una scimmia costa sui 7.500 CFA, poco più di 10 euro. |
Servirebbe un altro blog per raccontare
tutto quello che ho sentito in queste due settimane scarse. E poi,
Mariana dice di voler scrivere un libro – ne ha ben donde – non
intendo certo anticipare nulla. Il prossimo post, in ogni caso, sarà
un suo racconto.
La prima settimana di ambientamento a
Quinhamel prosegue bene, entriamo in confidenza con l'ambiente, con i
ritmi tutti particolari, costruiamo castelli su quello che può
essere il nostro contributo in questa organizzazione, stimolati dai
racconti coinvolgenti di Mariana sulla storia di Artissal, sui panni,
sulla cooperazione guineense, sul suo lavoro al Ministero della
cultura, sul violino e le tangenti partono che è una meraviglia.
In fin dei conti, a Pavia ci sono più
zanzare.
Ad Artissal c'è anche Djinde, 17 enne
tutto fare che vive e lavora qui. Sa fare tutto, ascolta musica
reggae dal cellulare, ha i rasta e un'andatura da vero duro. E poi
c'è Jo, cuoco e togolese, con il quale faccio valere il mese di
studio della lingua francese e contribuisco alla confusione di idiomi
presente nella mia cabeza.
La settimana seguente saremo a Cachungo
per la formazione con i volontari degli altri progetti e con la
coordinatrice. Ci conosciamo tutti un po' meglio, scopro che Nicola
ha fatto gli scout, come anche Inma – ovunque vada, qualunque
strada io prenda, c'è sempre qualcuno che ha fatto gli scout, e sono
convinto che qualcosa significhi. Qualcuno inizia a risentire
fisicamente, e la situazione precipita dopo la sbronza del venerdì
sera, complice una chitarra che hanno cercato di appiopparci per
60.000 CFA (quasi 90 euro) e un liquore a base di cana e
cocco. In tutto questo siamo riusciti ad andare due volte al mare e a
definire i nostri compiti per l'avvenire. Io mi occuperò del
controllo della produzione attraverso tabelle di costi, prezzi e
quant'altro; Mariana è convinta che ci sia qualcosa che non va nei
calcoli, e che l'attività non sia del tutto sostenibile. Mi occuperò
del sito e della traduzione all'italiano e all'inglese, Sylvia allo
spagnolo e al francese. Poi ci sono i corsi di inglese per i ragazzi
della casa de Joventude, il punto turistico e il negozio a Bissau per la distribuzione dei
prodotti di tutte le cooperative, l'ipotesi di apertura di un canale
commerciale per i fricchettoni europei, e chissà quant'altro.
Questa settimana inizierà anche il
corso di criolo.
Tutto con dei tempi e con una
leggerezza che credevo di non sopportare, ma che invece mi lascia il
tempo di metabolizzare tutto quello che succede, che non riuscirò
mai a trascrivere nei post di questo blog ma di cui spero di riuscire
a dipingere un immagine verosimile.
Comincio a sentirmi a casa, ad aprire
orizzonti e pensare a progetti paralleli. Col freno a mano nelle
vicinanze.
"strutture ad uso abitativo"
RispondiElimina"E meno male che ci sono, le scuole private."
sappi che, per motivi diversi, sono espressioni che ti condanneranno per il resto dei tuoi giorni! ;)
Come dice il buon Davide Ilardi, l'Africa ti fa diventare turbocapitalista!
EliminaNon si ferma nessuno in Guinea a dire "Scusi, lei ha clacsonato?".
RispondiEliminaBern, io la carne di scimmia la eviterei, ma di molto anche
sei la solita signorina
Eliminaa lui davano il pitone nero e lo mangiava
Eliminaquello si che è pericoloso
RispondiEliminagli avranno spiegato che quel buco è exit only?