Visualizzazione post con etichetta Medio Oriente. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Medio Oriente. Mostra tutti i post

mercoledì 12 marzo 2014

Matrix è un Sistema Neo (CDM)



Cari palle,

La miagiornatatipo inzia con abluzioni e tragitto casa lavoro.  10-15 minuti nel traffico. Di lusso. Arrivo in ufficio e scarico la merda, pardon le mail, e fino a sera smazzo i cazzi burocratici della mia multinazionale. Et voilà.Mi sono adagiato. Mi cullo e mi logoro nell’attesa di maggio, quando avrò maturato un anno di esperienza e mi rimetterò sul mercato. Attendendo Godot,  la settimana scorsa duepiccoli momenti hanno riacceso il mio pensiero irrequieto e mi hanno sbattuto in facciala mia involuzione.

Tra le mail martedì c’era un’iniziativa patrocinata dalla multinazionale. In una settimana l’azienda ha sganciato un milione di dollari in microcredito e cooperazione attraverso Kiva....è buffo pensare che io esattamente 10 anni fa stavo facendo il passaporto per partire per Nairobi..beffardo direi.Ho fatto il mio dovere di opulento occidentale facendo la mia donazione. Mi consola pensare che aiuti a ripulire il mio karma. E mentre cliccavo la mente si è liberata per un istante, sognando quel mondo migliore che intendevo costruire. Sono tornato per un attimo un sognatore dai bruttissimi pantaloni colorati a righe e l’orecchino..

Ho capito perché finché non ho varcato le porte del mondo del lavoro ero diverso: avevo un sogno e credevo che quella goccia che lasciavo nell’oceano avesse un valore. Ero un illuso ma ero felice.

Irrequieto continuo a viaggiare tra il passato e le mie scelte quando l’altoparlante annuncia che una grossa banca d’affari oggi è si è dislocata nel nostro ufficio per smazzare i nostri cazzi burocratici e per procacciare acquirenti con allettanti polizze sulla vita (e la tastatio testiculorum è dovuta..).

Risolvo i miei di scazzi con la banca ed inaspettatamente col procacciatoreinnanzi a me si instaura una discussione macroeconomica sull’Eurocrisi. Lui inizia a raccontarmi la sua visione del mondo della finanza ed io la mia. Penso di addentrarmi in un sentiero pericoloso e pieno di insidie in cui lo squalo finanziere esalterà la genialità del capitalismo finanziario e le sue sfavillanti possibilità.

Errore. Siamo d’accordo sulla follia della diseguaglianza, sull’oasi di folle ambizione che è questa città, sui flussi disgustosi di capitali che fluttuano nel nulla senza creare valore, anzi affamando o impoverendo milioni di persone. L’ingiustizia del sistema ci indigna entrambe e parecchio.

Poi ci guardiamo e capiamo che è il nostro è solo un impeto filantropico, sterile, radical chic.A noi fa comodo che sia così. Noi siam quelli che raccattano le rimanenze di coloro che smazzano le carte del capitalismo. Facciamo chiacchiere da bar. Capiamo ma non agiamo, assistiamo e mungiamo la vacca, perché noi siamo dalla parte “giusta” della globalizzazione.Ci accomuna la consapevolezza di essere di una squadra che non sappiamo che criticare..ma nel cui spogliatoio non gridiamo. Non sappiamo come farlo e troppi alla porta non aspettano altro che fotterci la maglia. Quindi tacciamo. Gli stringo la mano e mi congedo confuso. Ritorno mesto al mio desk.

Il lavavetri davanti alla mia finestra mi riporta alla realtà. Morpheus me lo aveva detto già nel 2000. Mi aveva detto com’era diviso il mondo. Matrix mi aveva insegnato come funziona il sistema. So a memoria le parole di Morpheus.“The matrix is a system Neo..”

Ho viaggiato in 4 continenti per diventare “dipendent by the system”?
Io sono il nemico che volevo combattere? Forse no..
Morpheus mi hai insegnato che il mondo era diviso tra rivoluzionari e conservatori.
Ma io non sono nessuno dei due.
Io sono un uomo qualunque..



venerdì 17 gennaio 2014

A Livella (CDM)




Cari Palle,
Rileggo i nostri post in questo venerdì sonnolento..e penso che questo blog sia un piccolo gioiello. Ci sono il sogno di un mondo migliore, la nostalgia, la paura e la curiosità, le debolezze (nonché le frustrazioni) accompagnate da sforzo creativo. Anche se lontani, dispersi nel mondo non siamo altro che lo specchio del nostro Paese. Nel nostro piccolo siamo spasimanti dell’innamorata impossibile di Ciccio, quell’Italia in preda a fibrillazioni ed in cerca di un cammino, di un’identità, di un futuro. La maggior parte delle volte senza una meta precisa, trasportati da eventi che non avevavmo nemmeno immaginato nella nostra vita.
La meglio gioventù insomma. Ma a differenza di quella degli anni sessanta il Paese non lo abbiamo conquistato con le unghie ed i denti. Lo stiamo lasciando marcire... tutti o quasi..peccato..
Non scrivo da un po’ perché la Zingarata ci ha riuniti e per pochi giorni abbiamo lasciato le nostre vite da parte per tornare gioiosi al nostro glorioso passato ed alla nostra essenza di fancazzisti. Tornato in Medio Oriente la luce mi è giunta dalla Sicilia sotto le sembianze di una ninfa..ma solo per due settimane. Ora la mia quotidianità si scandirà nuovamente stressante e senza fibrillazioni nel mio paradiso di plastica.
Ammantato dal mio pseudonimo aristocratico oggi vi voglio deliziare con una storia surreale:


C’era una volta in un paese lontano lontano, un reame esotico e fatato dove le ricchezze scorrevano a fiumi, le strade erano piene di carri sfavillanti, le dimore dei signori e dei lori vassalli si ergevano in cielo colme d’oro e specchi. I nobili erano intoccabili, altezzosi e sfuggevoli nei loro lunghi abiti bianchi; i mercanti erano opulenti, affabili ed avidi; le cortigiane bellissime, da ogni parte del globo, allietavano gli spregiudicati avventori; i servi, trattati come bestie, nella loro umana erano tra i pochi con sorrisi sinceri. 

Tutta la gente del reame aveva un sogno ed una maschera. Tutti ad inseguire una felicità che forse era l’unica moneta che scarseggiava in quel non luogo. L’unica. Per il resto le valute, mercanzie e le scienze del mondo conosciuto in quel posto si riunivano e si moltiplicavano. Le genti erano innumerevoli e da ogni angolo delle terre conosciute, ma tutte accumonate da un solo Dio. Quel Dio, coniato oltre oceano, verde come le oasi, si aggirava velocissimo e frenetico per le strade e nei palazzi. E tutti erano accorsi nel reame per adorarlo e nella speranza vana che fosse la chiave della loro felicità.
In questo paradiso il Signore unico che regnava aveva voce ed ultima parola su tutto. Lui ed i nobili erano investiti di un potere mistico ed oscuro che sgorgava dalle sabbie delle sue terre. Benevolo e lungimirante aveva reso una landa desolata un centro del mondo. Ma il reame nella corsa folle verso la grandezza aveva dimenticato il senso della misura..ed aveva obliato il valore del sale della vita: l’ironia.
Un giorno una saltimbanco qualunque, proveniente dalla terra di Dio, impalcò un breve spettacolo, una farsa, che con l’aiuto dei marchingegni portati da Occidente giunse allo sguardo di migliaia di persone naviganti. La farsa era di poco conto e dipingeva il Reame come una terra dove un banda sgangherata di giovani malavitosi metteva in discussione il potere costituito lanciando ciabatte. Si lanciando ciabatte. Il Reame era dipinto in maniera imperitinente, irriverente, non degna del suo sfarzo e della sua opulenza.Ma era un quadro del tutto innocuo. Tuttavia, quel saltimbanco aveva osato troppo. La sua farsa era pericolosa per il Signore. E se qualcuno avesse osato emularlo ed andare oltre nel coltivare la pericolosa ironia del potere? E se altri altrove avessero visto quelle fandonie?  
Il saltimbanco venne subdolamente attirato dalle guardie. “Solo un controllo” dissero...Venne chiuso in galera per un anno e poi venne bandito dal Regno. Per sempre. Ma non era abbastanza. No. L’onta va lavata, non solo scontata. Il saltimbanco fu “invitato” pubblicamente a dire come l’anno in carcere lo avesse fatto maturare e crescere, come il suo crimine fosse stato compreso e che non avrebbe mai potuto nutrire rancore per il Regno che per uno slancio ironico lo aveva solo punito e bandito. Umiliato, sconfitto e cacciato il saltimbanco scomparse e con lui la sua spicciola ironia....
La continuazione di questa storia vera o verosimile sta ancora venendo scritta in quel Regno. Non c’è una morale o un insegnamento da trarre dalla vicenda umana di un uomo incarcerato per innocua irriverenza. Ma rimane una domanda. Quanto può l’opulenza e l’arroganza eclissare il sorriso e l’ironia; proprio quell’ironia che è lo strumento più semplice e potente per rimembrare che siamo tutti uomini, in baracca o in grattacielo, e che un giorno, come diceva il Principe Totò, arriverà ‘a Livella'?


Il Conte

domenica 17 novembre 2013

Il fattore C (CDM)


Cari Palle,
Sono da sei mesi in Medio Oriente. È tempo di tirare un po’ le somme. Sto bene, molto meglio rispetto ai primi mesi di incertezze e dubbi. La vita scorre tranquilla tra weekend di relax e settimane di inteso lavoro. Una vita della quale lamentarsi sarebbe un insulto al precariato o un romantico sussulto giovanile, una critica futile ed ideologica ad una sana vita, chiamamola così, piccolo borghese che nessuno disdegnerebbe. Soprattuto di questi tempi di crisi.
Ma non voglio buttarmi nelle nostre polemiche da bar in cui il senso della vita era nella lotta di classe infarcita da intercalare filogini (gnocca e socialismo per intenderci..) e supercazzole. Vi voglio raccontare brevemente come sono finito qui. La storia alcuni la sanno altri no. Ma i retroscena li ho scoperti solo ieri.
In Francia quando mi fecero firmare il contratto da stagista poco più di un anno fa mi dissero: “ Con la pressione fiscale che vuole introdurre Hollande ed i tagli previsti, ragazzi mio, il contratto è difficile che te lo rinnovano..”. Cominciamo bene. Mi fecero capire che se volevo qualcosa me lo dovevo andare a prendere. Sii proattivo era il motto. Il che non significa sgomita, significa fatti valere per quello che sai fare, dimostralo e non avere timori.
A Febbraio mi minadarono a Nizza per un meeting internazionale e mi fecero capire che lì potevo giocarmi le mie carte. Lo feci presentandomi a tutti i manager possibili. Parlai con i manager di Germania, Spagna, Inghilterra, Francia ma la storia era sempre la stessa: “We are cutting costs and there are no openings..”. Eppure non mi manca nulla, ottimo CV, sei addirittura già dentro l’azienda, il potenziale ti viene riconosciuto da tutti i tuoi colleghi. Perché nessuno mi dà una chance?
Non ho mollato e mi sono allontanato dalla mia zona di conforto, l’Europa, ed ho approcciato altri lidi. Durante un coffee break un gruppo giovane rispetto ai canuti boss ai quali ero abituato si avvicina. Chi sono? Il team del Middle East: Le ore passate a studiare arabo a Tunisi, gli incoraggiamenti dei miei amici libanesi, le sere trascorse a vedere e rivedere Aladin, l-albero genealogico di Karim mi spinsero ad alzare il culo e tentare l’ultima carta. Caso volle che la prima manager che incontrai era spagnola ed un anno di Saragozza a sparlare itagnolo con Giovanni tornò utile. Caso volle che costei mi reindirizzò ad Elena, pezzo grosso della nostra azienda in Medio Oriente che mi disse: “Piacere, mi dispace al momento non abbiamo nulla ma forse tra qualche mese...chi sei? Dove hai studiato? Che sai fare?”. Caso volle che Elena avesse fatto il mio stesso Master a Grenoble e che quindi conoscesse già la mia formazione. Quattro chiacchiere e la promessa che mi avrebbero fatto sapere. Mando il CV.
Passano tre settimane ed il silenzio non è rassicurante. Mando un reminder ad Elena che mi dice: facciamo una chiamata lunedì alle 8. La chiamata dura 13 minuti, non un’intervista ma una presentazione del lavoro. “Ti andrebbe di fare questo lavoro Conte?” Ed io:” Ovviamente sì” omettendo la mia disperazione e la mancanza di alternative. “Va bene ci risentiamo..”.
Come sapete una settimana dopo mi comunicarono che ero stato assunto.  Lo stupore era enorme. Perché me e non altri, perché ero stato assunto quasi senza colloquio? Ieri sera dopo un drink i retroscena sono venuti a galla: “Perché tu? Perché hai perseverato e sei stato l’unico stagista tra i tanti presenti a quel meeting a Nizza che si è presentato ed è stato intraprendente. Non ti ho fatto un colloquio lungo perché avevo ricevuto buoni feedback su di te e mi bastavano. Già ti avevo incontrato poi, non mi serviva altro..però ero in dubbio tra te ed un altro candidato. Poi, il giorno della decisione finale, Joseph (il mio boss a Grenoble) si trovava a Dubai e venne fuori il tuo nome. Mi parlò molto bene di te e quindi io e Gloria ti scegliemmo. Come si chiamava l’altro candidato....Joey, si chiamava Joey..”
Joey è uno dei miei amici più cari di Grenoble. Più bravo di me, lo ammetto. Ieri mi sono sentito un po’ in colpa. Io ho superato inconsapevolmente un mio caro amico che sta cercando in tutti i modi di venire a lavorare a Dubai per una catena fortuita di casualità: il fatto che mi avessero concesso di andare al meeting di Nizza, ed a lui no. Il fatto che io parlassi spagnolo e che avessi fatto lo stesso master di Elena, elementi empatici che non si possono sottovalutare in un processo di selezione. Il caso che Joseph, che a Dubai non aveva mai fatto un business trip si trovasse al posto giusto al momento giusto...

Traiamo le somme: è pur vero che la fortuna aiuta gli audaci ma che sia cieca non si può negare. La vita si gioca in pochi istanti ed in momenti di svolta. Mai lasciarseli scappare. Ma non possiamo calcolare o prevedere nemmeno un centesimo della catena di eventi che conducono le nostre vita. Ci è concesso solo perseverare, perseverare e lavorare bene. Perché l’Italia è l’eccezione che conferma la regola. Il buon lavoro all'estero paga... con un po’ di culo.

sabato 21 settembre 2013

Credono in un solo Dio (CDM)




Cari palle,

Preparatevi ad un post noiosissimo. Denso di ovvietà che nei discorsi teorici suonavano futili ma che vissute sulla pelle corrugano la fronte e danno “food for thought”. Il Conte ha bisogno di un pubblico sfogo.
Seppur borghese, io non credo nell’idolatria del denaro e nel fatto che l’accumulazione spasmodica porti felicità. Ovviamente vivere questo convincimento a Dubai è difficile. Gli Emirati sono un calderone di immigrati alla ricerca di fortuna ed ostinatamente o involontariamente sempre pronti a sfoggiarla. Il tutto per sentirsi superiori nella convinzione che più ne hai, più sei cool e felice. Illusioni.

Come tutti i templi del capitalismo, le grandi metropoli, i gangli della rete globale, la città in cui vivo è colma di meraviglie e storture sociali. Le tollero nascondendomi dietro la convinzione i tempi dello schiavismo sono tendenzialmente finiti. Qui gli ultimi scelgono di approdare e lavorare come bestie per una questione di domanda ed offerta. Sono pagati più del salario che recepirebbero nei loro Paesi e per questo emigrano. C’è una logica. Cinica e tollerabile da chi è un colletto bianco.

È la vita baby! Domanda ed offerta, manodopera e know-how che si uniscono per dare vita alla visione lungimirante dello Sceicco. Una visione magnifica, indeed. Dieci anni fa la città era un terzo di quello che è ora. Il petrolio dell’Emirato era agli sgoccioli. Quale modo migliore per rimanere Sceicchi se non costruire una Las Vegas nel Golfo con i capitali ed il sudore degli altri? Attirare capitali e tecnologie occidentali e manodopera del sud est asiatico, un piano semplice. Come farlo? Investendo i petroldollari accumulati, certo, ma creando soprattutto un sogno ed una prospettiva. Far sorgere un nuovo Eldorado, nel luogo dei padri, dove 50 anni fa vivevano e morivano di stenti pescatori di perle. Un paradiso di lusso e turismo, dove il duro lavoro avrebbe ripagato chiunque secondo le sue capacità e sforzi. Geniale.

Tuttavia i grandi sogni ed i grandi progetti hanno costi in termini umani. In questo luogo due sono i lati oscuri della medaglia che mi logorano e mi avviliscono. Primo, l’abbrutimento del proletariato: i bengalesi che spianano il bitume tutti i giorni sotto casa mia a 40 gradi, mesti e silenziosi ed all’apparenza non rancorosi, gli operai indiani che come formiche erigono torri sempre più alte che crescono come funghi, i filippini che servizievoli porgono la salvietta per asciugarsi le mani nei bagni pubblici. E davant ai loro occhi la bionda in Lamborghini. Indigeribile.

Seconda cosa che mi logora: la proliferazione della prostituzione. Lasciatemi spiegare e non sogghignate. Permettete una catena logica semplicistica: la donna atavicamente cerca protezione, la protezione è potere, il potere è denaro, la donna è calamitata dal denaro. O quantomeno un certo tipo di donna che per non urtare la sensibilità delle lettrici femminili definirò: Troie! 

Beninteso, non mi riferisco alle prostitute che si guadagnano quattro soldi per arrabattarsi. Parlo delle Escort. La città ne è invasa, sono ovunque e sono affamate di denaro da spolpare a chi per noia, necessità o sfoggio le ingaggia. Le meretrici di alto borgo non sono spinte dal bisogno ma dalla loro venialità e desiderio di lusso. Purtroppo questa cultura rapace, contagia anche le donne che di meretricio con vivono. Per chi in fondo spera che la Donna sia in realtà Beatrice e non Messalina è triste. L’Amor pure sarà duro da trovare in questa giungla di cemento.


Limito qua la mia parentesi misogina e traggo le conclusioni. Questo Paese è uno dei più felici al mondo, perché i soldi non fanno la felicità ma di certo aiutano. Tuttavia, io vedo sacche di infelicità enormi, l’una causata da lavori umilianti, sfibranti, dall’orrore dello sfruttamento: l’infelicità del proletariato. E l’altra è l’infelicità dell’opulento, che vive relazioni ed emozioni false e mercificate.
E da un po’ di tempo che l’unica domanda che mi frulla per la testa è: cos’è la felicità? 
Ci hanno sempre insegnato: studiate, laureatevi, avrete un buon lavoro e sarete più felici.

Non è così semplice. Ma ci ho creduto anche io..

martedì 10 settembre 2013

Impallonati nel deserto (CDM)




Cari palle,

Dopo un ringraziamento sincero e sentito al buon Mellone per avermi acronimizzato come la Cassa del Mezzogiorno (CDM), permettetemi di inserirmi nel solco sportivo tracciato dal buono Michele sul finire del suo fantastico post imbevuto di alcolica amicizia.

Oggi ho giocato per la prima volta a calcetto negli Emirati. 99,86% delle due squadre composte da arabi. Un’esperienza che dice tante cose sul Medio Oriente.

Ma cominciamo dal prinicpio. Oggi pomeriggio Peter, Armeno figlio dell’Unione Sovietica trapiantato dopo la caduta del muro in Moldavia, facente parte dello 0,14% non arabo della futura combriccola di giocatori, mi fa: “we play tonight..come Cannavaro!”. L’orgoglio italico e partenopeo esplose. La giornata parte bene. Premesso, sono l’unico italiano in azienda e mi appellano in tutti i modi, Super Mario, Cannavaro, Buffon ed ovviamente vi lascio immaginare l’altra B. Inciso gli arabi ammirano generalmente il secondo B. Dimostrando già dove questo post andrà a parare.

Ma torniamo alla partita. Dopo essermi comprato delle scarpe di calcio orribili, verde fosforescente (erano le meno care e tuttavia mi hanno svenato..) chiamo Peter e gli fo: “Oh Pietro ma dimme nbo’ ‘ndo madonna sta ssu campo de pallò?(tr: Peter delucidami sull’ubicazione del campo di giuoco)” Peter parla romeno che che è un dialetto del marchigiano quindi carpisce al volo. E lui mi fa. E’ vicino tranquillo. Io parto...5 minuti, 10 minuti, 20 minuti, 30 e sto campo non si vede..Chiamo Peter e mi fa: “ You are close.. it is at the shooting club of Jebel Ali”.......”Oh Pietro annamo a jocà a pallò o a sparà a li ‘celli (Peter andiamo a dilettraci col la caccia alla volpe o col nobile gioco calcio?)”...finalmente trovo ‘sto posto. Immaginate il deserto. Fatto? Prendete le forbici a punta arrotondata e ritagliateci un campo di calcio sintetico ultimo grido.....ma senza spogliatoi....fatto? Fatto un cazzo!

Arriva Peter. “Fortuna che era vicino..”. Concetti diversi di distanza a Dubai. Comunque conosco gli altri giocatori. Tutti colleghi di lavoro di altri dipartimenti ed a parte me e Peter tutti arabi. Con accenti diversi quindi suppongo sparsi tra Levante, Egitto, Iraq.. Riscaldamento amichevole e già i primi problemi comunicativi vengono a galla. L’inglese lo parlano. Ma voi parlereste inglese se su 14 persone solo due non parlano italiano? Mi presento e subito mi chiedono da dove vengo. Italia. “Ah, Totti, Juve, Milan, B...young pussy...”. Anche in medioriente evidentemente la laurea non è ndicatore di livello culturale.

Si parte e le prime parole di Peter sono”No tackles and play relaxed guys..”. Ipse dixit..Venti di guerra..Calcio di inizio. Io da buon italiano sono il perno della difesa. Al primo fallo, orgogliosamente commesso da me, già si intravedono le avvisaglie dell’andazzo generale. Tre arabi inveiscono, sbraitano gutturalmente ed io rispondo “Andate a conoscere il senso della vita...”. La discussione dura qualche minuto con io che sorridevo ma in italiano gliene dicevo di tutte e quelli che dopo aver minacciato in arabo la terza guerra mondiale (scenario non lontano di questi tempi..) riprendono a giocare gutturalmente indisposti (leggi: incazzati neri..). Ogni fallo è una guerra gutturale e fonetica, sbollimenti e scazzi di ogni fattura, teatrali, incomprensibili...un “vaffanculo” è rotondo, musicale suona bene...l’invettiva araba è estremamente più violenta e cacofonica. Ed anche intimidatoria ammetto. Accortomi che la gentilezza d’ufficio non si traduce in fair play affilo il tacchetto...

Insomma 90 minuti intervallati da discussioni infinite..Ed il bello è che io non ci ho capito una beneamata mazza in tutto questo. Come Peter. Mentre si scannavano per un rigore inesistente mi fregavo la loro acqua e pensavo...qua il cancro ai polmoni mi verrà davvero per inalazione di sabbia..oggi c’è stata la tempesta e non vi dico quanta sabbia c’era sull’erba sintetica. Dune football.

Risultato finale 4-3 per noi. Due feriti. Tackles tanti. Scontro diplomatico sfiorato. Previste tensioni domani in ufficio. Oggi due stereotipi hanno trovato conferma: gli arabi sono proprio scazzoni e noi italiani siamo terribilmente simili agli arabi, almeno nelle amichevoli scapoli contro ammogliati, com’era oggi. Ma almeno noi abbiamo una lingua più musicale.

A tratti mentre il confronto tra mondo sunnita, sciita e cristiano d’oriente si consumava davanti ad una rete pensavo che il nostro campetto a Pavia era proprio bello...davvero vicino e più eufonico, nonostante le divine imprecazioni... 

CDM

sabato 7 settembre 2013

La storia in seconda persona (CDM)

Premessa.
Tale Conte Mascetti, nobile decaduto costretto all'emigrazione verso la penisola arabica, è un ruspante marchigiano fiero della sua italianità, come lo era il Conte Lello Mascetti della sua nobile discendenza. I suoi racconti ci accompagneranno lungo le coste ricche di sfarzo degli Emirati Arabi, da egli stesso definito un "paradiso di plastica". 
Per evitare di urtare la sensibilità di qualche zelante "Vigile Paolini", firmeremo i suoi post C.D.M.




Il dominio gabonese del nostro piccolo blog è stata la svolta.

Un supercazzola afrocybernetica che solo il nostro Jean du Togo poteva sfornare. Il nostro diario di bordo parte quindi con l’auspicio che il glorioso dominio Gabonense porti fortune di magnitude comparabile a quelle del piccolo stato guidato da Bongo Ondimba. Un nome “non da uomo” che con uno stato petrolifero non ci azzecca una mazza. 

Del resto, negli Emirati possiamo vantare nomi più affini al petroldollaro. Un Al-, una aspirazione o un fonema aggressivo lo troviamo sempre nei nomi dei nostri benevoli governati..Diciamoci la verità: i nomi arabi al nostro delicato orecchio occidentale rimembrano consiamente o inconsciamente almeno due cose: Petrolio e guerra (santa o meno). Ancor di più a noi che abbiamo studiato nella facoltà più professsionalizzante, insieme a CIM, dell’UniPV: Scienze Politiche.

Il prezzo del petrolio sale ed i venti di guerra e di rivolta in Medio Oriente si sentono pesanti anche in questo paradiso di plastica costruito nel mezzo del nulla. Ho due colleghi di Damasco, sunniti suppongo, un amico vicino di casa di Latakia cristiano, tanti conoscenti libanesi sciiti e maroniti, un’altro amico egiziano che ha ricevuto dal Cairo la peggiore delle notizie poche settimane fa. 

La politica è un argomento tabù o quantomeno sconveniente nel Golfo. Ma in un commento, in un sospiro, in uno sguardo preoccupato dei miei conoscenti si percepisce la storia che ti scorre accanto. Dolorosa. Ma fortunatamente non ti tocca dentro. Al Cairo non è morta tua sorella. Rimango sempre un distaccato occidentale che ha amici e famiglia per lo più in un Paese in crisi nera, ma almeno in pace.

Dubai è poco più di un sogno effimero di ricchezza e pace che ha attratto centinaia di migliaia di persone del mondo arabo (e non solo). I locali sono pochi ed evanescenti nei loro immensi SUV dai vetri oscurati. La maggiro parte degli arabi qui non sono Emiratini ma Levantini. Di religioni diverse, di passaporto ed accenti differenti, più o meno tradizionalisti. Ma tutti accomunati da una cosa: l’assuefazione e la rasegnazione alla guerra come una costante non sradicadile della regione. La parola pace, Salaam, si usa solo per salutare, non per parlare di futuro. 

E a Dubai la Storia mi sfiora. Ma per fortuna la vivo attraverso la vita degli altri: in seconda persona.

C.D.M.