martedì 12 novembre 2013

Di rivoluzione e di dissenso

People's Recreation Community, Hong Kong - http://www.peoplebookcafe.com/

Dopo aver parlato delle prime impressioni su Hong Kong, credevo che  avrei scritto del mio onesto impiego da fattorino illegale per le frenetiche strade della città e fra i casino di Macao. Invece l'essermi già sfogato con qualcuno ha dissipato questo bisogno, per ora. C'è anche da dire che al momento quel che c'era da consegnare è stato consegnato e di lavoro ce n'è poco. Intanto, la mia stanza funge da magazzino e fra uno scatolone e l'altro puoi trovare un calzino sporco, un obiettivo o il letto.

Oggi voglio parlare invece dello strano posto in cui sono finito stamattina. Nascosta fra un grattacielo e un altro, fra un mega centro commerciale e un negozio della Rolex, un'angusta scala conduce al primo piano di un anonimo palazzo. Qui su una delle due porte campeggia il volto stilizzato di Mao e la scritta Peoples Recreation Community. Entrarvi, lasciandomi alle spalle le gomitate date e ricevute per percorrere qualche metro, i clacson e le luci da epilessia fulminante è una boccata d'ossigeno. Al suo interno fra le pareti tappezzate di libri e  i poster di propaganda comunista tre tavolini ai quali siedono due donne e due uomini, sulla testa più i capelli bianchi di quelli neri. La musica bassa, permette di leggere. Chiedo un tè a una giovane ragazza seduta dietro a un piccolo bancone e comincio a guardarmi intorno.

Qualcuno ha definito questo posto un centro del dissenso. Questo mi viene confermato dalla ragazza che dopo avermi preparato la teiera accetta di scambiare due parole, nonostante l'inglese stentato. Quei libri che riempiono gli scaffali sono infatti libri censurati dal regime cinese, introvabili sul continente. I cinesi vengono qui per sedersi a leggere ciò di cui non è dato loro sapere. In alcuni casi li comprano e portano con se, di nascosto dalle autorità.

Sui due ripiani della sezione inglese titoli quali 'Mao, the unknown story', 'People's pornography', 'The end of the revolution', 'God is red', 'Escape from Camp 14' e 'Bridge to Tibet'.

Dalle facce dei presenti non ho l'impressione di trovarmi in compagnia delle stesse persone in fila davanti Prada o Hermes, ma il campione è piuttosto ridotto per farsi un'idea. Mi stupiscono il gusto, curato e affatto pacchiano, dell'arredamento, la selezione musicale di sottofondo fra cui distinguo delle sempreverdi Spice Girls, il latte in polvere in vendita fra un poster di Mao e una bacheca di orecchini d'argento.

Finisco il mio tè, prendo qualche appunto e chiedo di scattare delle foto. Inaspettatamente mi rispondono letteralmente che sono libero di fare tutte le foto che voglio. Forse dei presenti nessuno viene dalla Cina, forse semplicemente non gliene frega nulla. Non fosse dall'altra parte della cittá, a 6 fermate di metro da casa, ci ritornerei nel pomeriggio, magari dopo aver recuperato una felpa per ripararmi dall'aria condizionata, probabilmente impostata sulla modalità 'freddo polare'.

2 commenti:

  1. Quel posto deve essere veramente un'oasi in mezzo a tutto quel casino. Una domanda: non ho capito se si tratta di un locale pubblico, una libreria o un'associazione privata...?

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  2. E' esattamente tutte e tre le cose che hai citato.

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