Cari Palle,
Sono da sei mesi in Medio
Oriente. È tempo di tirare un po’ le somme. Sto bene, molto meglio rispetto ai
primi mesi di incertezze e dubbi. La vita scorre tranquilla tra weekend di
relax e settimane di inteso lavoro. Una vita della quale lamentarsi sarebbe un
insulto al precariato o un romantico sussulto giovanile, una critica futile ed
ideologica ad una sana vita, chiamamola così, piccolo borghese che nessuno
disdegnerebbe. Soprattuto di questi tempi di crisi.
Ma non voglio buttarmi
nelle nostre polemiche da bar in cui il senso della vita era nella lotta di
classe infarcita da intercalare filogini (gnocca e socialismo per intenderci..)
e supercazzole. Vi voglio raccontare brevemente come sono finito qui. La storia
alcuni la sanno altri no. Ma i retroscena li ho scoperti solo ieri.
In Francia quando mi
fecero firmare il contratto da stagista poco più di un anno fa mi dissero: “
Con la pressione fiscale che vuole introdurre Hollande ed i tagli previsti,
ragazzi mio, il contratto è difficile che te lo rinnovano..”. Cominciamo bene.
Mi fecero capire che se volevo qualcosa me lo dovevo andare a prendere. Sii
proattivo era il motto. Il che non significa sgomita, significa fatti valere
per quello che sai fare, dimostralo e non avere timori.
A Febbraio mi minadarono a
Nizza per un meeting internazionale e mi fecero capire che lì potevo giocarmi
le mie carte. Lo feci presentandomi a tutti i manager possibili. Parlai con i
manager di Germania, Spagna, Inghilterra, Francia ma la storia era sempre la
stessa: “We are cutting costs and there are no openings..”. Eppure non mi manca
nulla, ottimo CV, sei addirittura già dentro l’azienda, il potenziale ti viene
riconosciuto da tutti i tuoi colleghi. Perché nessuno mi dà una chance?
Non ho mollato e mi sono
allontanato dalla mia zona di conforto, l’Europa, ed ho approcciato altri lidi.
Durante un coffee break un gruppo giovane rispetto ai canuti boss ai quali ero
abituato si avvicina. Chi sono? Il team del Middle East: Le ore passate a
studiare arabo a Tunisi, gli incoraggiamenti dei miei amici libanesi, le sere
trascorse a vedere e rivedere Aladin, l-albero genealogico di Karim mi spinsero
ad alzare il culo e tentare l’ultima carta. Caso volle che la prima manager che
incontrai era spagnola ed un anno di Saragozza a sparlare itagnolo con Giovanni
tornò utile. Caso volle che costei mi reindirizzò ad Elena, pezzo grosso della
nostra azienda in Medio Oriente che mi disse: “Piacere, mi dispace al momento
non abbiamo nulla ma forse tra qualche mese...chi sei? Dove hai studiato? Che
sai fare?”. Caso volle che Elena avesse fatto il mio stesso Master a Grenoble e
che quindi conoscesse già la mia formazione. Quattro chiacchiere e la promessa
che mi avrebbero fatto sapere. Mando il CV.
Passano tre settimane ed
il silenzio non è rassicurante. Mando un reminder ad Elena che mi dice:
facciamo una chiamata lunedì alle 8. La chiamata dura 13 minuti, non
un’intervista ma una presentazione del lavoro. “Ti andrebbe di fare questo
lavoro Conte?” Ed io:” Ovviamente sì” omettendo la mia disperazione e la
mancanza di alternative. “Va bene ci risentiamo..”.
Come sapete una settimana
dopo mi comunicarono che ero stato assunto.
Lo stupore era enorme. Perché me e non altri, perché ero stato assunto
quasi senza colloquio? Ieri sera dopo un drink i retroscena sono venuti a
galla: “Perché tu? Perché hai perseverato e sei stato l’unico stagista tra i
tanti presenti a quel meeting a Nizza che si è presentato ed è stato
intraprendente. Non ti ho fatto un colloquio lungo perché avevo ricevuto buoni
feedback su di te e mi bastavano. Già ti avevo incontrato poi, non mi serviva
altro..però ero in dubbio tra te ed un altro candidato. Poi, il giorno della
decisione finale, Joseph (il mio boss a Grenoble) si trovava a Dubai e venne
fuori il tuo nome. Mi parlò molto bene di te e quindi io e Gloria ti
scegliemmo. Come si chiamava l’altro candidato....Joey, si chiamava Joey..”
Joey è uno dei miei amici
più cari di Grenoble. Più bravo di me, lo ammetto. Ieri mi sono sentito un po’
in colpa. Io ho superato inconsapevolmente un mio caro amico che sta cercando
in tutti i modi di venire a lavorare a Dubai per una catena fortuita di
casualità: il fatto che mi avessero concesso di andare al meeting di Nizza, ed
a lui no. Il fatto che io parlassi spagnolo e che avessi fatto lo stesso master
di Elena, elementi empatici che non si possono sottovalutare in un processo di
selezione. Il caso che Joseph, che a Dubai non aveva mai fatto un business trip
si trovasse al posto giusto al momento giusto...
Traiamo le somme: è pur
vero che la fortuna aiuta gli audaci ma che sia cieca non si può negare. La
vita si gioca in pochi istanti ed in momenti di svolta. Mai lasciarseli
scappare. Ma non possiamo calcolare o prevedere nemmeno un centesimo della
catena di eventi che conducono le nostre vita. Ci è concesso solo perseverare,
perseverare e lavorare bene. Perché l’Italia è l’eccezione che conferma la
regola. Il buon lavoro all'estero paga... con un po’ di culo.
Bello il tuo post D.! (questa copertura ormai potrebbe tirar fesso giusto il sismi).
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=6Z66wVo7uNw
bhe la morale é che bisogna avere la faccia come il culo e ropere la palle a tutti, senza esclusione di colpi, e di supercazzole direi, giusto?
RispondiEliminaGio il sismi lo lasci stare.. e cmq, anche se involontariamente, hai scelto uno dei grandi classici della colonna sonora di Casa Bertone, vero Ciccio? la canzone piú lunga della storia! ajajaj