La sede del PAICG di Cacheu. L'inno del PAICG risuona spesso nei cellulari dei giovani che ascoltano musica per strada |
Fino a tre-quattro giorni fa, abbiamo
ospitato ad Artissal una riunione “segreta” del comitato della
regione di Biombo del PAICG, Partito per l'Autonomia e l'Indipendenza
di Capo Verde e della Guinea Bissau; è un partito diciamosocialista, lo stesso che
ha condotto all'indipendenza l'intero Paese. Benchè la data delle
elezioni non sia ancora stata fissata, i partiti principali stanno
andando a congresso, e il PAICG pare essere il favorito.
I Pepel, ossia l'etnia dominante nella
mia zona, sono tutti pro PAICG, oltre che la terza etnia più
cospicua del Paese. C'era da immaginarselo, dato che l'altro
principale partito è fortemente connotato dall'etnia che
rappresenta, l'etnia Balanta, ed è nato pochi mesi dopo la fine
della guerra civile, nel '99, rivendicando il ruolo determinante dei
militari Balanta durante la guerra di indipendenza finita nel '73.
La figura principale del gruppo da noi
ospitato è da individuarsi ne “O diretor”. E' il segretario
regionale del partito, tutte le volte che si sono riuniti qui in
passato arrivava un giorno prima di tutti e andava via un giorno
dopo, concedendosi negli intermezzi momenti di “relax” dolcemente
accompagnato da una varietà piuttosto ampia di concubine. Ha una
voce roca, tipo Al Pacino in “The Godfather”, solo che è nero.
Testa pelata, sopracciglia aggrottate, collo corto.
Le riunioni solitamente si svolgono con “o
Diretor” che parla a bassa voce, e tutti che ascoltano
religiosamente.
Questa volta però bisogna decidere il
candidato da proporre al congresso nazionale del partito; lo schema
che avevo già visto ripetersi alcune volte ne uscirà mutato.
Sono una quindicina i partecipanti alla
riunione della scorsa settimana; pochi giovani, pochissime donne.
Molte facce stanche, gli occhi e gli sguardi sono diversi da quelli
della gente a cui ormai sono abituato qui; non sono così sorpresi di
vedere dei bianchi in giro per il posto, dei bianchi che non
conoscono.
Il summit doveva durare un giorno, è
durato 5 giorni. Per la giornata annunciata abbiamo predisposto una
sala con tappeti in moquette semovibile e aria condizionata. La
giornata con i militanti termina, l'accesso ai lavori ovviamente mi è
precluso nella maniera più assoluta. Un gruppo ristretto di persone
continua le discussioni nei giorni seguenti, si stabiliscono a
Quinhamèl passando le giornate in preda a a sbraiti, urla,
discussioni concitate; cerco di stare da tutt'altra parte, onde
evitare di sembrare lo spione che in questo tipo di situazioni, in
realtà, sono.
La gente arriva e se ne va,
avvicendandosi con una certa liquidità. “O diretor” ha una
stampante che si porta sempre dietro con la quale ogni tanto stampa
della roba e la distribuisce. Nei brevi momenti in cui assisto, ora
con una scusa ora con un' altra, alle discussioni che adesso non si
svolgono più al chiuso ma nell'area ristorante dell'ONG, capto
pontificazioni sulle tattiche da tenere per vincere il congresso,
ipotesi sulla situazione del partito prima delle elezioni, nomi di
persone seguiti da cariche e da considerazioni sulle spartizioni di
potere che queste cariche consentono, sugli equilibri da esse
determinate.
Mi perdo clamorosamente l'incontro con
i giornalisti dell'ultimo giorno, dovendo accogliere dei turisti
inglesi di passaggio ad Artissal per andarsene poi a pescare alle
Bijagos.
Il giorno dopo all'ambasciata
brasiliana non si parlava di altro se non del fatto che gli unici
pirla a non aver ancora deciso il candidato segretario (qua lo
chiamano diretor) del partito che vincerà sicuramente le
elezioni, erano quelli della regione di Biombo.
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Rimane il fatto che qui, fin quando non
si va al voto, pare rimanere tutto fermo.
Con elezioni o senza elezioni, le ONG
sul territorio qualcosa la dovranno pur fare.
L'altro giorno abbiamo affrontato il
discorso con Mariana, la direttrice esecutiva della ONG, tornando in
macchina da Bissau. “Embora, existimus”, dice con orgoglio battendo le mani sul coprivolante leopardato - “Nonostante
tutto, esistiamo”. Nonostante anche il coprivolante.
A detta sua, innumerabili sono le
organizzazioni che si sono avvicendate sul suolo guineense, la cui
esistenza è spesso legata alla presenza di finanziamenti da parte di
governi, nazionali e sovranazionali, e istituzioni.
Artissal, al momento, non partecipa a
nessun progetto; o meglio, quelli che c'erano si sono esauriti. La
fabbrica tessile continua a lavorare e a produrre panni, la ONG
continua ad ospitare turisti da tutto il mondo scarrozzandoli tra la
balobeira, retta dal regulo del regno di Tor, le isole, e le altre
organizzazione per mostrare il lavoro che quotidianamente viene
fatto.
Il travaso degli introiti dall'attività
turistica a quella di produzione di materiali, purtroppo, non potrà
andare avanti per sempre.
Artissal partecipa ad un progetto di
organizzazioni locali – Cabaz di Terra - in cui ciascuno vende i
propri prodotti, alimentari, artigianali, manifatturieri. La
collaborazione è suggellata dalla firma di una carta di principi che
tutti si impegnano a rispettare (oh la traduzione del sito l'ho fatta
io).
Il 30% del valore di quanto viene
venduto viene lasciato a Cabaz, perchè possa autosostenersi; ma tra
un barattolo di miele e un panno a otto bande fatto a mano c'è una
differenza di prezzo notevole.
Non solo: dopo un lungo lavoro di
inventario fatto a partire da quando siamo arrivati qui, abbiamo
scoperto (dopo 2 anni che esiste Cabaz!) abbiamo scoperto che solo
Artissal cede la percentuale pattuita, mentre gli altri ammortizzano
aumentando il prezzo del prodotto della stessa percentuale.
Estiquatzi.
In più, la cessione del 30% probabilmente non è
sostenibile dal punto di vista economico (l'ipotesi deriva dal fatto
che ancora non esiste una verità univoca su quanto si spenda per
produrre un panno, tanto che sono incasinati i conti e tante che sono
le entrate e le uscite della ONG su canali differenti).
Artissal ad oggi è l'unica a pagare
l'affitto del negozio; ciò rende l'attività praticamente infruttuosa e
incapace di creare utili da reinvestire in un'ottica di crescita, e
tanti saluti carta di principi.
Eppure esistiamo. Appesi ad un filo ma
esistiamo. Ci ingegniamo in tutti i modi per vendere i prodotti; devo
dire che il materiale informativo è tanto e ben fatto.
E per quanto la produzione sia
rigorosamente popolare, purtroppo non lo è la fascia di consumo; i
prodotti del mercato di Bandim sono molto meno costosi, buona parte
sono importati, ma qua non c'è troppo da fare gli schizzinosi.
Intanto, qualche giorno fa siamo stati alla delegazione
dell'Unione Europea dove Madlaine, funzionare Belga appassionata del
lavoro della nostra ONG ci accoglie con piacere e fa di tutto per
intercedere presso il delegato e ottenere uno spazio sotto Natale con l'intenzione di farci organizzare una piccola fiera, vendendo alla gente checciàlisordi.
All'interno la delegazione dell'Unione Europea, che ha pari dignità
rispetto ad un'ambasciata, sembra una casetta scandinava – anche
per il freddo derivante dai condizionatori a palla. Qua Mariana
conosce tutti, e saluta calorosamente un funzionario che durante la
guerra si era barricato con lei in questo angolo del Vecchio
Continente, dopo il saccheggio della delegazione stessa e con le
bombe che fuori scoppiavano.
La riunione è molto gradevole,
l'ambiente è gradevole, c'è anche una stagista italiana. Parliamo
per lo più portoghese e francese a tratti, quando Madlaine molla il
colpo. Anche i modi di fare sono gradevoli e sono molto europei, anche
se messi in pratica da guineensi. Come è guineense la bellissima segretaria
di Madlaine, che ci invita ad un'esposizione che si è tenuta oggi e
si terrà domani al centro culturale franco-guineense; l'esposizione
si concluderà domani con un dibattito sul futuro della Guinea con i
temi toccati da Horizon 2020. L'idea è dei bianchi chiaramente, e
oggi più di metà degli astanti erano occidentali fricchettoni o
funzionari, in cerca di souvenir per il ritorno in patria o di gente
con cui fare un po' di pubbliche relazioni. Benche su 4 ore di
esposizione, 3 le abbia passate in giro per la regione di Biombo con
l'ormai fedelissimo pickup a sbrigare faccende e a scarrozzare gente
da una parte all'altra, mi sembra che alle iniziative che si svolgono
negli ambienti più istituzionali manchino quelle persone che si
pretende di sollevare dalla loro condizione di miseria e
sottosviluppo, e che molto spesso sono del tutto ignare di quello che
si muove a livello di comunità internazionale - conoscono le ONG che
erogano servizi direttamente al cittadino al posto di uno Stato
irresponsabile e poco lungimirante.
La prossima settimana ospiteremo un
seminario di una settimana con 40 persone dello United Nation
Developement Programme; pluri-rimandato, la maggiore preoccupazione
al momento è quella di dare da mangiare a tutti. Pagano le Nazioni
Unite, e lo UNDP locale deve spendere soldi per chiudere i progetti,
quindi in realtà non c'è da formalizzarsi troppo.
Sempre dallo UNDP è uscito un progetto
sullo sviluppo degli strumenti di partecipazione democratica, partirà
con lo nuovo governo ma il bando scade a dicembre. Mariana vuole
parteciparci, e in questi giorni si parla molto di cosa infilare nel
progetto per provare a dare una botta di vita alla rete di
organizzazioni con cui lavoriamo, e portare a casa il dinherito che
può raggiungere il 400.000 USD.
Se il progetto lo vinciamo, puoi
rimanere - così hanno detto. E' una settimana che accarezzo l'idea;
l'impressione è che si fa molto meno di quello che si potrebbe, si
iniziano mille cose al giorno e se ne finisce la metà; le barriere
(linguistiche, relazionali, conoscitive) vanno mano a mano
abbattendosi, e per quanto il nuovo progetto durerebbe 2 anni, l'idea
di farmi altri 6 mesi aspettando quindi un anno per iniziare la
specialistica non mi dispiace. Diciamo che ero riuscito ad evitare di
sentire la mancanza dell'Europa – e di quello che almeno credo
essere il mio mondo – fino ad ora, ma tra le nubi che incombono su
quello che ho fatto negli ultimi 3 anni, l'idea di lasciare gli studi
per altri 6 mesi e l'ipotesi di partecipare ad una cosa che sembra
grossa e interessante qualche pensierino nella testa brulica.
Volente
o nolente, la deadline è la fine dell'anno solare.
Intanto mi preparo al Natale a 30
gradi, e sopratutto a passarlo in luogo in cui mai avrei pensato di passarlo,
qualunque esso sarà; in ogni caso non sarà il posto che ho sempre
chiamato “casa”.
Note a margine:
- Molti africani pensano che l'Africa
l'abbiano scoperta i portoghesi nel XV secolo, alla faccia di Scipione l'Africano e delle aree della cartina definite come "Hic Sunt Leones";
- Molti adolescenti qui non sanno cosa
sia un telefono fisso;
- Alcuni consoli dei consolati onorari in
GB sono Libanesi, tipo quello della Romania;
- In criolo per dire “persona
qualsiasi” si può usare il vocabolo “pekadur”;
- Le suore brasiliane non indossano la
“divisa”, e ci provano di brutto
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