Sono la prova vivente che è possibile prendersi l’influenza
in un paese ecuatoriale! Così ho pensato bene di dedicare queste ore di
inattività forzata alla scrittura, e perfino ho proposto io per primo una
skyppata ai miei! Cose mai viste insomma..
Qualche giorno fa chiacchieravo con un amico
italiano che lavora qui a Quito, tiene alcuni corsi in una buona università, e
mi spiegava come funziona il meccanismo della dichiarazione dei redditi e più
in generale della tassazione diretta. Che palle direte voi, e confesso che l’ho
pensato anch’io, invece si possono scoprire cose molto interesanti e
sorprendenti, tanto da avermi portato, vostro malgrado, a volerle condividere
con voi!
In questi ultimi mesi si è parlato molto dei
giacimenti di petrolio situati nel parco naturale dello Yasunì. Sarebbe la
riserva con la più grande biodiversità del mondo, patrimonio dell’umanità,
abitata da popolazioni indigene in isolamento volontario, e chi più ne ha più
ne metta.. Questi famosi giacimenti sono proprio quelli tutelati dal governo
del buon Correa quando, a partire dal 2007, aveva chiesto al mondo una sorta di
“indennizzo” di svariati milioni di dollari, in cambio della preservazione
della foresta amazzonica. L’iniziativa, chiamata Yasunì ITT (dalle iniziali dei
quadranti interessati: Ishpingo,
Tiputini y Tambococha )si proponeva in pratica di ottenere fondi dalla comunità
internazionale, in cambio della mancata estrazione di petrolio.
Questa politica faceva parte di una più ampia strategia
ambientalista, che ha caratterizzato l’azione politica del Correa fin dai suoi
esordi, quando, caso unico al mondo, venne posto nella costituzione l’obbligo alla
tutela della Natura, intesa praticamente come soggetto giuridico (un giurista
storcerebbe il naso di fronte a questa frase ma credo che il senso si sia
capito). A ciò fecero seguito tutta una serie di iniziative volte alla
sensibilizzazione ambientale, a livello nazionale e internazionale, per
spingere i governi di tutto il mondo a condividere il “fardello” della gestione
del polmone verde di questo pianeta. Piccola nota, c’è chi sceglie il colore
del proprio partito in base al colore della maglietta della nazionale (azzurro),
e chi invece sceglie come Correa il colore più rappresentativo di un paese
tropicale, il verde. Populismi e buoi dei paesi tuoi..
Pochi giorni fa, adducendo come motivo la mancanza
di buona volontà del mondo intero, il governo ha deciso un cambio repentino di
politica, e ha dato il via, dopo previo voto favorevole del parlamento, allo
sfruttamento proprio di quel bacino petrolifero, intoccabile fino al giorno
prima. Ciò ha causato forti contestazioni da parte dei media, storicamente
ostili al Presidente (vedi vicenda El Universo ma questo è un’altro discorso),
che hanno portato a dibattiti a mezzo stampa in realtà poco sentiti dalla
popolazione.
Non vi è stata una reazione “popolare”, ma sembra
invece que la questione sia stata più che altro strumentalizzata dalla (debole)
opposizione per far pressione sul governo che, forte dell’appoggio delle masse,
si è preoccupato invece di imbastire una massiccia campagna pubblicitaria (a
mezzo televisione) per giustificare il proprio voltafaccia.
Parlando con “la gente” si capisce che il messaggio che è passato è del tipo “per
lo sviluppo del paese abbiamo bisogno il petrolio, l’amazzonia è grande,
qualche albero in meno in cambio di scuole e ospedali ci può stare”, una sorta
di pragmatismo machiavellico indotto dalla disinformazione veicolata dalla
televisione, principale mezzo d’informazione delle masse popolari.
Secondo i più attivi sostenitori di questo governo,
non vi è stato alcuno strappo, essendo la decisione frutto dell’immobilismo
della comunità internazionale. Il tema è, comprensibilmente, che l’Ecuador ha
diritto a sfruttare le proprie risorse naturali come più gli aggrada, per
raggiungere gli obiettivi di sviluppo e “buen vivir” a cui ambisce ogni nazione
di questo mondo. E se per farlo bisogna immolare qualche ettaro di foresta sull’altare
del progresso, allora il prezzo non è neanche così sostenuto. In fondo da
qualche parte bisognerà pur trovare le risorse per sostenere i vari programmi
sociali a tutela dei più poveri, o per pianificare quelle opere pubbliche che
così efficacemente contrastano la disoccupazione e stimolano il commercio!
Senza parlare della spesa pubblica in educazione e sanità: se la partecipazione
scolastica elementare ha quasi raggiunto il 100% un motivo ci sarà no?
Il governo ha quindi giustificato le trivellazioni,
in termini di risorse economiche da investire in programmi sociali, e quindi a
beneficio dell’intera popolazione. Così mi è venUta la curiosità di saperne di
più su quali siano le entrate, e le principali voci di spesa di questo governo.
Ciò, unito alle fruttuose conversazioni con vari italiani che lavorano
stabilmente qui, mi ha portato verso il versante “fiscale”.
Ho scoperto così che l’Ecuador è il paese con la pressione
fiscale più bassa di tutta l’America Latina. Nella pratica, ogni mese tu
lavoratore devi fare una specie di dichiarazione dei redditi, che determinarà
quanto devi pagare di imposte dirette. Tuttavia da questo ammontare si possono
detrarre spese per cibo, vestuario, e istruzione. Così alla fine dell’anno
viene fatto un calcolo di quanto hai versato, di quanto hai speso, e a seconda
dello scalone in cui sei ti viene restituito tutto o parte di quello che hai versato,
ed in alcuni casi anche di più!
In Ecuador per legge lo stipendio minimo è di 318$,
un “almuerzo” in giorni feriali costa circa 2$, una birra 1.25$, l’autobus cittadino
25 cent., e via dicendo. Come si può facilmente capire il costo della vita è
molto basso, senza contare che anche la benzina è sovvenzionata.. Tutto ciò per
arrivare a dire che, secondo gli scaloni di cui sopra, non si pagano tasse fino
ad un reddito annuale di circa 10.000$, cioè quasi tre volte il salario base!
Con buona pace delle classi medio-alte, che si trovano a sopportare una
pressione sproporzionata in termini di imposte dirette ed indirette,
specialmente sui beni importati.
Ad essere maliziosi, o realisti, si potrebbe pensare
che tale politica sia orientata non tanto da considerazioni di giustizia sociale,
quanto piuttosto da meri calcoli elettorali, essendo le fasce più povere la
base elettorale di questo governo. Inoltre secondo numerosi economisti, alcuni
dei cuali ex collaboratori dello stesso Correa, questa situazione non sarebbe
sostenibile nel lungo periodo, in quanto porterebbe nel giro di alcuni decenni
ad un forte deficit delle casse dello stato ed alla bancarotta.
In conclusione risulta che questo bellissimo paese
sia ancora troppo dipendente, da un lato, dall’esportazione di materie prime e
quindi esposto alla fluttuazione dei prezzi nei mercati internazionali. E dall’altro,
che sia ancora prigioniero di politiche interne caratterizzate da una forte
connotazione populista, poco lungimiranti e ancor meno sostenibili nel lungo
periodo. Correa ha fatto moltissimo per lo svulippo di questo paese, mettendolo
sulla strada della modernità e dandogli un ruolo a livello internazionale, ma
molto si può e si deve fare, in quanto di questi tempi specialmente, un capo di
stato che si professi socialista non può che suscitare grandi aspettative.
Hai ragione michelino... Il problema grosso è che o si sveglia a fare queste riforme che garantirebbero sostenibilità allo stato sociale, oppure il rischio è che quando crolleranno i terms of trade oggigiorno favorevoli saranno cazzi amari...
RispondiEliminaIl doppio problema è che
RispondiElimina- Finora tutti i governi progressisti del sud America hanno usato per i loro programmi sociali i proventi delle materie prime. La retorica dell'usare le grandi ricchezze naturali per fare il bene dal popolo è molto bella, ma anche quella si scontra con la dura realtà della divisione internazionale del lavoro. La si può rifiutare (cosa che sta timidamente cercando di fare il Venezuela) e si può tentare di differenziare l'economia e soprattutto mettere mano alla riforma fiscale. Poi, appunto, il Venezuela ha provato a farlo di botto e si è trovato il colpo di stato, quindi ha deciso di farlo piano piano. Molto piano.
però
- Mettere la natura come soggetto di diritto in Costituzione è molto bello ma la natura non può fare ricorsi in tribunale. O si mette il diritto della natura in capo a un soggetto reale (lo stato centrale, il governo locale, i residenti) oppure rimane una bellissima enunciazione senza troppe conseguenze (stesso problema che ha la bellissima Costituzione della Bolivia). Anche se uno diminuisce la dipendenza dall'esportazione di petrolio/whatevercommodity, prima o poi deve decidere cosa, come e quanto si sfrutta.
Tenendo conto che poi ti può arrivare anche la compagnia petrolifera occidentale incazzata perchè è stata estromessa che si mette a far "campagne ecologiste" per far saltare tutta la situazione