giovedì 20 marzo 2014

La deriva dei continenti



La prima volta che varcai l'invisibile linea che separa i continenti avevo 22 anni. Fu allora che iniziai a confrontarmi con le peripezie burocratiche che animano gli uffici immigrazione di un mondo e che chi nasce e cresce nell'area Schengen non immagina. Quella volta andai in Togo e lì restai quattro mesi, dando nel frattempo una fugace visita a un paio di altri paesi dell'Africa occidentale.

Quando ero a Lomè spesso ripensavo con nostalgia a casa, scrivevo a parenti ed amici molto più di quanto non faccia oggi, assuefatto come sono al cambiamento. Più che la distanza è il cambiamento a giocare un ruolo in questo mio ragionamento.

Una notte, mentre mi rigiravo come una tarantolata fra delle lenzuola umide feci un sogno così realistico da rimanere fino a oggi impresso nella memoria come un evento davvero accaduto. Ancora ricordo infatti come fosse ieri quella volta che ebbi la possibilità (non so come, né perché) di lasciare Lomè per un fine settimana e ritornare a Lecce. Qui rividi i miei, mi feci preparare il mio piatto preferito, ritornai per un paio di giorni alle vecchie abitudini, la vecchia routine. Non misi neanche il naso fuori di casa tanto era grande il desiderio di sfruttare al massimo quelle poche ore che mi erano date; e per me questo significava rimanere a casa.

La mattina riaprendo gli occhi ci misi qualche secondo a capire dove mi trovassi, cosa fosse successo. Una cosa che però non ricordo è se fosse più la felicità per essere stato un paio di giorni a casa o la delusione di non esserci stato davvero. Forse più semplicemente quella di non esserci rimasto un po' di più.

A distanza di qualche anno da quel fine settimana, che fu forse solo una notte come tante, ieri sera mi è capitata una cosa simile. Uscito dalla oficina, col solito sole rosso acceso e i roghi serali di colline di rifiuti a disegnare scenari apocalittici lungo Calle Izaguierre, ho preso il bus come ogni giorno, quello che taglia Lima o che comunque, di solito, mi porta a casa. Ancor prima di aver percorso metà del tragitto però sono sceso alla fermata dell'aeroporto. Qui, dopo mezzora, ho avuto il mio pezzo di casa. Non voglio perdermi in discorsi tediosi su quel che si prova a vedere un amico arrivare nella tua nuova terra sapendo che ci rimarrà anche lui per un bel pezzo. Noi due sappiamo e questo basta. Spero che questo camuno riceva dal Perù quello che sto avendo io. Condivideremo l'attesa di quelli che ancora non hanno fatto il grande passo verso l'emisfero australe.

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