venerdì 18 ottobre 2013

Note a margine - Impallonati leggermente sotto il deserto. Del Sahara

Non mi capitava di parlare di calcio da un bel po'. Salvo utilizzare a casa Bertone, o prima in via Mantovani durante la scrittura della tesi, i rimasugli delle mie conoscenze calcistiche ferme al 2008 - e con grossi buchi - durante le partite a PES 6 per PS2 con Ciccio e Mellone. Ah, le focaccine di Mellone.
Questo post, per altro, è leggermente connesso all'uso improprio che Mellone faceva dei terzini del Celtic, stessa cosa che Ciccio faceva con Marco "ilDio" Cassetti.

Buona parte degli individui di sesso maschile che ho conosciuto qui, o con i quali semplicemente ho scambiato qualche chiacchiera in un miscuglio stentato di spagnolo, portoghese e crioulo,


si è presentato dicendo di chiamarsi Cristiano Ronaldo, specie se in giro era presente un qualche individuo di sesso femminile

o

ha sostenuto, nel corso delle conversazione, che Cristiano Ronaldo è um muito bom jugador e, se non ho capito male, che il solo fatto che si tratti di un portoghese lo rende inequivocabilmente più forte di Messi. 

Sostenere, questa conversazione è molto semplice: basta rispondere che a mì tambè, n'gosta de Cristiano Ronaldo. Basta una risposta come questa per scatenare una serie di apprezzamenti per le tue capacità tecnico-valutative sufficienti ad ottemperare a qualsiasi tua mancanza di conoscenza nell'ambito dello sport più amato del mondo. L'ideologia prevede i seguenti dogmi:

Cristiano Ronaldo è fortissimo
Messi è una merda
Il Real Madrid è fortissimo
Il Barcellona è una merda

Qualche giorno fa ho incontrato dei volontari italiani - erano qui per risistemare gli impianti elettrici di alcune strutture nella capitale - i quali sostenevano di essere stati allo stadio di Bissau, e di aver assistito a 5 invasioni di campo, una per ogni gol, e ognuna pacificamente esauritasi al termine dell'esultanza del marcatore. 

Un ragazzino che abbiamo conosciuto la scorsa settimana - e che pretendeva di sposare la volontaria polacca del nostro progetto - ha ripetuto continuamente che "nao gagnou au jogo, nao puedo comer agora", ossia che la cocente sconfitta alla partita di calcio tenutasi il pomeriggio stesso era talmente disonorevole da non riuscire a mangiare. Ma per chiedere ad una ragazza polacca di sposarti non c'è onta che tenga. 

Tengo a sottolineare che la porta sullo sfondo in realtà l'abbiamo utilizzata come delimitazione della linea laterale del campo, e che la situazione apparentemente statica non è rappresentativa dei ritmi di gioco sostenuti durante il match, non per quanto mi riguarda ovviamente.

Sono andato a giocare a calcio ieri. Ci sono andato con Djinde, Cèsar e Sylvia dopo che i ragazzi del negozio con i quali cerco di esercitarmi con il criolo destando costantemente fragorose risate e ai quali sovente mi rivolgo dicendo "no te entendì nada", mi hanno proposto incoscientemente per loro e per me di andare a giocare con loro nel pomeriggio.

Arrivato al campo, sono uno dei pochi con le scarpe. La maggior parte indossa sandaletti in gomma di quelli che si usano sugli scogli. Il più piccolo, rifilato in porta, neanche le indossa le scarpe. E ciò nonostante, a fine partita è uscito dalla porta regalandoci il gol del pareggio con un paio di dribbling di tacco e un piattone piazzatissimo in porta. 
La disparità di strumenti a disposizione non è stata minimamente sufficiente a colmare il divario fisico e carismatico tra il peggiore di loro e me. 

Io e Cèsar eravamo gli unici due su 18 sui cui addominali non fosse possibile grattuggiare il grana padano. 

I primi 20 minuti mi hanno visto colpevole dei primi due gol subiti, uno dei quali per il fatto che l'ubicazione della porta non mi era ancora del tutto chiara - e vi giuro che era del tutto immaginaria, nonostante tutti sapessero benissimo quando la palla entrava "in rete" e quando no.
Si muovono tutti rapidissimi, il pallone è sempre circondato da almeno 4 persone, a ogni tocco in 5 chiamano la palla, ma tutti - tranne me, ovviamente - sanno benissimo che il pallone o te lo vai a prendere o difficile che te lo passino, dati i ritmi forsennati di gioco e la rapidità con cui cambia il possesso palla. Questa considerazione è stata formalizzata e intimatami da uno degli avversari che compassionevole mi ha sconsigliato di correre senza palla nel tentativo di smarcarmi, il passaggio è solo la soluzione estrema per evitare di perdere il pallone. 

Non c'è ironia in quello che per dire, ma ho fatto fatica per i primi 20 minuti a distinguere i miei compagni di squadra dagli avversari. Fortunatamente si decide di distinguere le due squadre, per cui la mia squadra giocherà senza maglietta. Cambia poco comunque, ma pazienza. 
In ogni caso, calcio champagne. Il loro. Contrasti, dribbling aerei, finezze a go-go. Mancavano solo le esultanze di Oba-Oba Martins.
Tra schiamazzi incomprensibili e tentativi di stabilire il punteggio finale, dopo una contrattazione a fine partita pare che le due squadre si attestino sul 6 a 6. Il match si conclude alle 19 in punto; si tratta del primo avvenimento in questo posto che inizia e finisce all'orario previsto. 

Da questa partita, in ogni caso, sono sicuro di aver imparato che:
- se pensi di essere scarso quando giochi nei comodi campi a 5 con l'erbetta sintetica e le scarpe coi tacchetti, e sopratutto con dei bianchi, aspetta di giocare in Africa per decidere a quanti metri sotto il terreno porre la tua autostima calcistica;
- che se giochi con onestà intellettuale, non servono linee di campo nè di porta;
- che nei bianchi l'Africa ripone molte aspettative, e che in ogni caso queste vengono deluse;
- che si può dire "bom jogo" alla fine della partita a un tuo compagno di squadra, anche se ha giocato palesemente malissimo.

E che, alla prossima partita, nonostante tu sia un bianco dell'Italia meridionale tra i più scarsi che esistano, probabilmente ti chiameranno comunque. 



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