lunedì 14 ottobre 2013

Terza parte - Artissal

Ovvero l'ultimo posto dove ti immagineresti di approdare se decidi di andare in Africa ad occuparti di cooperazione.

Max ha un pickup Toyota, che secondo le mie capacità valutative in campo bellico, resisterebbe tranquillamente alle mine anticarro libanesi. La strada verso Quinhamel inizia con un lungo tratto asfaltato, diviso da uno spartitraffico – condizione non sufficiente perchè gli autisti guineensi scelgano con raziocinio il senso di marcia – e che collega Bissau con tutto ciò che c'è a nord.
Il viaggio è un pittoresco insieme di bestemmie e sorpassi lievemente azzardati, il tutto condito da clacsonate a chiunque; Max si volta verso me e Sylvia per giustificare il suo scazzo, che nella maggior parte dei casi è causato dal fatto che le auto davanti a lui procedono troppo lentamente – ma come biasimarli, del resto.

Quinhamel è un villaggio di poco più di 3 mila abitanti, e si sviluppa ai lati della strada che proviene da Bissau, in ottime condizioni. Non si ha un'idea di quanto sia grande, in quanto le strutture ad uso abitativo sono tutte molto basse, nascoste dagli edifici più grandi che sorgono a ridosso dell'asfalto, come la Chiesa Evangelica e la Chiesa Cattolica. Da questi edifici, la domenica, proviene un bordello allucinante; la messa assomiglia molto a quelle americanate in cui i pastori si esagitano durante l'omelia e i fedeli elettrizzati partecipano con pathos alle sollecitazioni del ministro di Dio evidentemente sotto effetto di metanfetamine. Anche la parte di liturgia composta esclusivamente da forme fisse ha un'intonazione diversa. Pare che la Chiesa Evangelica qui abbia molti adepti, e che sia estremamente vincolante; i fedeli sono costretti a rispettare “le richieste” delle autorità locali, come per esempio quella di prendersi cura di altri fedeli in visita, e per questo motivo molti di loro abbandonano il lavoro per dedicarsi alle mansioni assegnate loro dall'autorità religiosa locale; è pieno di Chiese qui. A Canchungo ce ne sono due: una con una bella bandiera degli United States of America che orgogliosamente ne rivendicano il finanziamento e la costruzione, e un'altra che funge anche da cooperativa rurale e sulla cui parete esterna compaiono frasi che inneggiano all'importanza del lavoro sulla Terra per ottenere il regno dei cieli.
Ieri mattina sono passato dalla chiesa – cattolica – per andare alla loja a comprare farina e a farmi prendere per il culo dal rapaz che gestisce l'attività e c'era un sacco di gente. Domenica prossima vado a messa con il mio amico togolese.

Artissal è la prima cosa che si vede entrando a Quinhamel. E' una struttura che porta avanti due progetti principali: il primo consta nella produzione di teli, panni e tessuti equi e solidali. I tessuti sono filati dai Pepel, una etnia originaria di questa zona – la regione di Biombo – ed è tradizionalmente affidata esclusivamente agli uomini. Equo e solidale significa che i lavoratori percepiscono uno stipendio equo, che l'organizzazione si cura di fornire loro l'assistenza adeguata, a partire dai pasti durante il lavoro fino all'educazione dei figli, la cui istruzione fino al 10° anno di scuola può arrivare a costare anche oltre i 10.000 franchi al mese, visto e considerato che qui la maggior parte sono scuole private. E meno male che ci sono, le scuole private.

Dal 1973 iniziano a nascere, insieme alle scuole pubbliche, le scuole di partito (il PAICG di Amilcar Cabral, storico rivoluzionario che condusse la guerra di indipendenza dal Portogallo e che fu l'ispiratore delle rivoluzioni in Angola e Mozambico) e successivamente arrivano le scuole a stampo cattolico, le più libere – forse - in tutto il Paese. Raul – il fondatore della scuola di Sao Josè - è stato professore in una scuola del PAICG, e rivendica con orgoglio la scelta di averla abbandonata per fondare una scuola che prima a Bissau, poi a Bafatà e in un altro posto del quale sinceramente non ricordo il nome, garantirà un'istruzione di qualità ai bambini e si doterà dei mezzi economici per includere anche coloro i quali non sono in grado di sostenere finanziariamente l'istruzione dei propri figli. 
Il tasso di esclusione dal sistema scolastico che in Italia chiameremmo “scuola dell'obbligo” resta comunque molto alto; molti bambini abbandonano durante l'anno, e portarli fino al 10° anno II (così chiamano la preparazione alla maturità) è molto difficile; durante il lungo e proficuo governo Cabral, idolatrato e raffigurato in ogni dove, molti Guineensi andavano a studiare a Cuba, o in altri Paesi filo sovietici; erano sostenuti dal governo e vincolati a tornare alla madre patria per condividere le competenze acquisite allo sviluppo del Paese. Oggi a Bissau c'è un'Università, che però non gode di ottima fama se non per la facoltà di Medicina. Che è a numero aperto.

Il secondo tema del quale si occupa Artissal è quello del turismo sostenibile; ci sono bungalow per i turisti, un museo con oggetti tradizionali dell'etnia Pepel, un ristorante, una piccola piscina, un sacco di verde e un'esposizione dei prodotti locali. Arrivano spesso turisti da aree limitrofe – in particolare dal Senegal, ma anche p Portogallo e Brasile – e i primi non sono proprio l'incarnazione dello stereotipo dell'africano magrolino e poco vestito che compaiono nelle newsletter di Amnesty International.
In ogni caso, il progetto si chiama 7Djorson, ed è sostenibile in quanto completamente autosufficiente dal punto di vista energetico (pannelli solari, cisterna di acqua propria e satellite per internet) con tutte le limitazioni che una scelta del genere implica in Africa.
Tutte queste iniziative sono state finanziate da progetti dell'Unione Europea e delle Nazioni Unite, che Max e Mariana – sua moglie – sono stati bravissimi ad intercettare. Oggi Artissal cammina esclusivamente sulle proprie gambe, salvo il contributo dello SVE, tra mille difficoltà. Per ora, l'impressione non è certo quella di essere fondamentali per questo posto, ma è bello pensare di potersi sentire utili, in un modo o nell'altro.

La vera anima di Artissal si chiama Mariana. E' una donna rumena, 52 anni ma sta qui da 28. Parla un portoghese raffinato, un criolo deciso, e poi rumeno, francese, inglese...
E' la prima persona ad accoglierci, ha un milione di cose da fare ma si prende molto cura di noi.
Ogni sera, prima di andare a dormire, condividerà con me e Silvia una sigaretta e un montone di ricordi; sembra che non veda l'ora di buttarli fuori. Mariana incarna perfettamente l'occhio di una persona esterna proiettata direttamente dentro questo mondo, conosce le nostre “categorie” e ci aiuta a capire quello che ci sta intorno.
La prima cosa a cui ho pensato è di volermi meritare la sua fiducia; considerando che la prima cosa che appena arrivato mi è stato chiesto di violare un pc di cui nessuno ricordava la password, la strada mi è sembrata decisamente in salita. Il fatto che io ci sia riuscito è un'altra storia.

A volta si fa fatica a credere a quello che dice, ma lo racconta così bene... I suoni del suo portoghese sono molto simili a quelli della lingua italiana, come simile è del resto anche il rumeno. Non faccio alcuna fatica a comprendere ogni sua parola, e ad immaginarmi queste situazioni intrise di storia, cultura e spiritualità. Ad un tratto, una sera, mi sono reso conto che stavo reputando plausibile il fatto che i maschi dell'etnia Balanta, di notte, si trasformino in iene (motivo per cui le iene, in questo posto dove si ammazza e si mangia tutto – scimmie comprese, come da documentazione fotografica ndr – non possono essere toccate).

Sono spiacente per i più sensibili ma andava documentato. La scimmia o sanjo è una delle carni più buone mai viste sulla terra; una scimmia costa sui 7.500 CFA, poco più di 10 euro.

Servirebbe un altro blog per raccontare tutto quello che ho sentito in queste due settimane scarse. E poi, Mariana dice di voler scrivere un libro – ne ha ben donde – non intendo certo anticipare nulla. Il prossimo post, in ogni caso, sarà un suo racconto.

La prima settimana di ambientamento a Quinhamel prosegue bene, entriamo in confidenza con l'ambiente, con i ritmi tutti particolari, costruiamo castelli su quello che può essere il nostro contributo in questa organizzazione, stimolati dai racconti coinvolgenti di Mariana sulla storia di Artissal, sui panni, sulla cooperazione guineense, sul suo lavoro al Ministero della cultura, sul violino e le tangenti partono che è una meraviglia.
In fin dei conti, a Pavia ci sono più zanzare.
Ad Artissal c'è anche Djinde, 17 enne tutto fare che vive e lavora qui. Sa fare tutto, ascolta musica reggae dal cellulare, ha i rasta e un'andatura da vero duro. E poi c'è Jo, cuoco e togolese, con il quale faccio valere il mese di studio della lingua francese e contribuisco alla confusione di idiomi presente nella mia cabeza.

La settimana seguente saremo a Cachungo per la formazione con i volontari degli altri progetti e con la coordinatrice. Ci conosciamo tutti un po' meglio, scopro che Nicola ha fatto gli scout, come anche Inma – ovunque vada, qualunque strada io prenda, c'è sempre qualcuno che ha fatto gli scout, e sono convinto che qualcosa significhi. Qualcuno inizia a risentire fisicamente, e la situazione precipita dopo la sbronza del venerdì sera, complice una chitarra che hanno cercato di appiopparci per 60.000 CFA (quasi 90 euro) e un liquore a base di cana e cocco. In tutto questo siamo riusciti ad andare due volte al mare e a definire i nostri compiti per l'avvenire. Io mi occuperò del controllo della produzione attraverso tabelle di costi, prezzi e quant'altro; Mariana è convinta che ci sia qualcosa che non va nei calcoli, e che l'attività non sia del tutto sostenibile. Mi occuperò del sito e della traduzione all'italiano e all'inglese, Sylvia allo spagnolo e al francese. Poi ci sono i corsi di inglese per i ragazzi della casa de Joventude, il punto turistico e il negozio a Bissau per la distribuzione dei prodotti di tutte le cooperative, l'ipotesi di apertura di un canale commerciale per i fricchettoni europei, e chissà quant'altro.

Questa settimana inizierà anche il corso di criolo.

Tutto con dei tempi e con una leggerezza che credevo di non sopportare, ma che invece mi lascia il tempo di metabolizzare tutto quello che succede, che non riuscirò mai a trascrivere nei post di questo blog ma di cui spero di riuscire a dipingere un immagine verosimile.
Comincio a sentirmi a casa, ad aprire orizzonti e pensare a progetti paralleli. Col freno a mano nelle vicinanze.


6 commenti:

  1. "strutture ad uso abitativo"
    "E meno male che ci sono, le scuole private."

    sappi che, per motivi diversi, sono espressioni che ti condanneranno per il resto dei tuoi giorni! ;)

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    1. Come dice il buon Davide Ilardi, l'Africa ti fa diventare turbocapitalista!

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  2. Non si ferma nessuno in Guinea a dire "Scusi, lei ha clacsonato?".
    Bern, io la carne di scimmia la eviterei, ma di molto anche

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  3. quello si che è pericoloso
    gli avranno spiegato che quel buco è exit only?

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