martedì 26 novembre 2013

Si fa molto meno di quello che si potrebbe - Atto II

La sede del PAICG di Cacheu. L'inno del PAICG risuona spesso nei cellulari dei giovani che ascoltano musica per strada

Fino a tre-quattro giorni fa, abbiamo ospitato ad Artissal una riunione “segreta” del comitato della regione di Biombo del PAICG, Partito per l'Autonomia e l'Indipendenza di Capo Verde e della Guinea Bissau; è un partito diciamosocialista, lo stesso che ha condotto all'indipendenza l'intero Paese. Benchè la data delle elezioni non sia ancora stata fissata, i partiti principali stanno andando a congresso, e il PAICG pare essere il favorito.

I Pepel, ossia l'etnia dominante nella mia zona, sono tutti pro PAICG, oltre che la terza etnia più cospicua del Paese. C'era da immaginarselo, dato che l'altro principale partito è fortemente connotato dall'etnia che rappresenta, l'etnia Balanta, ed è nato pochi mesi dopo la fine della guerra civile, nel '99, rivendicando il ruolo determinante dei militari Balanta durante la guerra di indipendenza finita nel '73.

La figura principale del gruppo da noi ospitato è da individuarsi ne “O diretor”. E' il segretario regionale del partito, tutte le volte che si sono riuniti qui in passato arrivava un giorno prima di tutti e andava via un giorno dopo, concedendosi negli intermezzi momenti di “relax” dolcemente accompagnato da una varietà piuttosto ampia di concubine. Ha una voce roca, tipo Al Pacino in “The Godfather”, solo che è nero. Testa pelata, sopracciglia aggrottate, collo corto.

Le riunioni solitamente si svolgono con “o Diretor” che parla a bassa voce, e tutti che ascoltano religiosamente.
Questa volta però bisogna decidere il candidato da proporre al congresso nazionale del partito; lo schema che avevo già visto ripetersi alcune volte ne uscirà mutato.
Sono una quindicina i partecipanti alla riunione della scorsa settimana; pochi giovani, pochissime donne. Molte facce stanche, gli occhi e gli sguardi sono diversi da quelli della gente a cui ormai sono abituato qui; non sono così sorpresi di vedere dei bianchi in giro per il posto, dei bianchi che non conoscono.
Il summit doveva durare un giorno, è durato 5 giorni. Per la giornata annunciata abbiamo predisposto una sala con tappeti in moquette semovibile e aria condizionata. La giornata con i militanti termina, l'accesso ai lavori ovviamente mi è precluso nella maniera più assoluta. Un gruppo ristretto di persone continua le discussioni nei giorni seguenti, si stabiliscono a Quinhamèl passando le giornate in preda a a sbraiti, urla, discussioni concitate; cerco di stare da tutt'altra parte, onde evitare di sembrare lo spione che in questo tipo di situazioni, in realtà, sono.
La gente arriva e se ne va, avvicendandosi con una certa liquidità. “O diretor” ha una stampante che si porta sempre dietro con la quale ogni tanto stampa della roba e la distribuisce. Nei brevi momenti in cui assisto, ora con una scusa ora con un' altra, alle discussioni che adesso non si svolgono più al chiuso ma nell'area ristorante dell'ONG, capto pontificazioni sulle tattiche da tenere per vincere il congresso, ipotesi sulla situazione del partito prima delle elezioni, nomi di persone seguiti da cariche e da considerazioni sulle spartizioni di potere che queste cariche consentono, sugli equilibri da esse determinate.

Mi perdo clamorosamente l'incontro con i giornalisti dell'ultimo giorno, dovendo accogliere dei turisti inglesi di passaggio ad Artissal per andarsene poi a pescare alle Bijagos.
Il giorno dopo all'ambasciata brasiliana non si parlava di altro se non del fatto che gli unici pirla a non aver ancora deciso il candidato segretario (qua lo chiamano diretor) del partito che vincerà sicuramente le elezioni, erano quelli della regione di Biombo.
_________________________________

Rimane il fatto che qui, fin quando non si va al voto, pare rimanere tutto fermo.

Con elezioni o senza elezioni, le ONG sul territorio qualcosa la dovranno pur fare.
L'altro giorno abbiamo affrontato il discorso con Mariana, la direttrice esecutiva della ONG, tornando in macchina da Bissau. “Embora, existimus”, dice con orgoglio battendo le mani sul coprivolante leopardato - “Nonostante tutto, esistiamo”. Nonostante anche il coprivolante. 
A detta sua, innumerabili sono le organizzazioni che si sono avvicendate sul suolo guineense, la cui esistenza è spesso legata alla presenza di finanziamenti da parte di governi, nazionali e sovranazionali, e istituzioni.

Artissal, al momento, non partecipa a nessun progetto; o meglio, quelli che c'erano si sono esauriti. La fabbrica tessile continua a lavorare e a produrre panni, la ONG continua ad ospitare turisti da tutto il mondo scarrozzandoli tra la balobeira, retta dal regulo del regno di Tor, le isole, e le altre organizzazione per mostrare il lavoro che quotidianamente viene fatto.
Il travaso degli introiti dall'attività turistica a quella di produzione di materiali, purtroppo, non potrà andare avanti per sempre.
Artissal partecipa ad un progetto di organizzazioni locali – Cabaz di Terra - in cui ciascuno vende i propri prodotti, alimentari, artigianali, manifatturieri. La collaborazione è suggellata dalla firma di una carta di principi che tutti si impegnano a rispettare (oh la traduzione del sito l'ho fatta io).
Il 30% del valore di quanto viene venduto viene lasciato a Cabaz, perchè possa autosostenersi; ma tra un barattolo di miele e un panno a otto bande fatto a mano c'è una differenza di prezzo notevole.
Non solo: dopo un lungo lavoro di inventario fatto a partire da quando siamo arrivati qui, abbiamo scoperto (dopo 2 anni che esiste Cabaz!) abbiamo scoperto che solo Artissal cede la percentuale pattuita, mentre gli altri ammortizzano aumentando il prezzo del prodotto della stessa percentuale. Estiquatzi
In più, la cessione del 30% probabilmente non è sostenibile dal punto di vista economico (l'ipotesi deriva dal fatto che ancora non esiste una verità univoca su quanto si spenda per produrre un panno, tanto che sono incasinati i conti e tante che sono le entrate e le uscite della ONG su canali differenti).

Artissal ad oggi è l'unica a pagare l'affitto del negozio; ciò rende l'attività praticamente infruttuosa e incapace di creare utili da reinvestire in un'ottica di crescita, e tanti saluti carta di principi.
Eppure esistiamo. Appesi ad un filo ma esistiamo. Ci ingegniamo in tutti i modi per vendere i prodotti; devo dire che il materiale informativo è tanto e ben fatto.
E per quanto la produzione sia rigorosamente popolare, purtroppo non lo è la fascia di consumo; i prodotti del mercato di Bandim sono molto meno costosi, buona parte sono importati, ma qua non c'è troppo da fare gli schizzinosi.

Intanto, qualche giorno fa siamo stati alla delegazione dell'Unione Europea dove Madlaine, funzionare Belga appassionata del lavoro della nostra ONG ci accoglie con piacere e fa di tutto per intercedere presso il delegato e ottenere uno spazio sotto Natale con l'intenzione di farci organizzare una piccola fiera, vendendo alla gente checciàlisordi. All'interno la delegazione dell'Unione Europea, che ha pari dignità rispetto ad un'ambasciata, sembra una casetta scandinava – anche per il freddo derivante dai condizionatori a palla. Qua Mariana conosce tutti, e saluta calorosamente un funzionario che durante la guerra si era barricato con lei in questo angolo del Vecchio Continente, dopo il saccheggio della delegazione stessa e con le bombe che fuori scoppiavano.
La riunione è molto gradevole, l'ambiente è gradevole, c'è anche una stagista italiana. Parliamo per lo più portoghese e francese a tratti, quando Madlaine molla il colpo. Anche i modi di fare sono gradevoli e sono molto europei, anche se messi in pratica da guineensi. Come è guineense la bellissima segretaria di Madlaine, che ci invita ad un'esposizione che si è tenuta oggi e si terrà domani al centro culturale franco-guineense; l'esposizione si concluderà domani con un dibattito sul futuro della Guinea con i temi toccati da Horizon 2020. L'idea è dei bianchi chiaramente, e oggi più di metà degli astanti erano occidentali fricchettoni o funzionari, in cerca di souvenir per il ritorno in patria o di gente con cui fare un po' di pubbliche relazioni. Benche su 4 ore di esposizione, 3 le abbia passate in giro per la regione di Biombo con l'ormai fedelissimo pickup a sbrigare faccende e a scarrozzare gente da una parte all'altra, mi sembra che alle iniziative che si svolgono negli ambienti più istituzionali manchino quelle persone che si pretende di sollevare dalla loro condizione di miseria e sottosviluppo, e che molto spesso sono del tutto ignare di quello che si muove a livello di comunità internazionale - conoscono le ONG che erogano servizi direttamente al cittadino al posto di uno Stato irresponsabile e poco lungimirante.

La prossima settimana ospiteremo un seminario di una settimana con 40 persone dello United Nation Developement Programme; pluri-rimandato, la maggiore preoccupazione al momento è quella di dare da mangiare a tutti. Pagano le Nazioni Unite, e lo UNDP locale deve spendere soldi per chiudere i progetti, quindi in realtà non c'è da formalizzarsi troppo.
Sempre dallo UNDP è uscito un progetto sullo sviluppo degli strumenti di partecipazione democratica, partirà con lo nuovo governo ma il bando scade a dicembre. Mariana vuole parteciparci, e in questi giorni si parla molto di cosa infilare nel progetto per provare a dare una botta di vita alla rete di organizzazioni con cui lavoriamo, e portare a casa il dinherito che può raggiungere il 400.000 USD.
Se il progetto lo vinciamo, puoi rimanere - così hanno detto. E' una settimana che accarezzo l'idea; l'impressione è che si fa molto meno di quello che si potrebbe, si iniziano mille cose al giorno e se ne finisce la metà; le barriere (linguistiche, relazionali, conoscitive) vanno mano a mano abbattendosi, e per quanto il nuovo progetto durerebbe 2 anni, l'idea di farmi altri 6 mesi aspettando quindi un anno per iniziare la specialistica non mi dispiace. Diciamo che ero riuscito ad evitare di sentire la mancanza dell'Europa – e di quello che almeno credo essere il mio mondo – fino ad ora, ma tra le nubi che incombono su quello che ho fatto negli ultimi 3 anni, l'idea di lasciare gli studi per altri 6 mesi e l'ipotesi di partecipare ad una cosa che sembra grossa e interessante qualche pensierino nella testa brulica. 
Volente o nolente, la deadline è la fine dell'anno solare.
Intanto mi preparo al Natale a 30 gradi, e sopratutto a passarlo in luogo in cui mai avrei pensato di passarlo, qualunque esso sarà; in ogni caso non sarà il posto che ho sempre chiamato “casa”.



Note a margine:

- Molti africani pensano che l'Africa l'abbiano scoperta i portoghesi nel XV secolo, alla faccia di Scipione l'Africano e delle aree della cartina definite come "Hic Sunt Leones";
- Molti adolescenti qui non sanno cosa sia un telefono fisso;
- Alcuni consoli dei consolati onorari in GB sono Libanesi, tipo quello della Romania;
- In criolo per dire “persona qualsiasi” si può usare il vocabolo “pekadur”;
- Le suore brasiliane non indossano la “divisa”, e ci provano di brutto

Nessun commento:

Posta un commento